Scrittura8 novembre 2012

Gli Autonauti della Cosmostrada: viaggio in un sogno reale

Sicuramente una storia d’amore: struggente, avvincente, ironica, appassionata e lieve, come solo i veri amori sanno essere.

Quando, agli inizi degli anni ’80, Julio Cortàzar e la sua compagna Carol Dunlop, entrambi scrittori, decidono di attuare un progetto che si era formato nella mente di Julio molto tempo prima del loro incontro, si creano un tempo ed uno spazio sospesi all’interno della realtà quotidiana.
Il progetto – un po’ folle, un po’ ludico – è quello di sperimentare una diversa dimensione del percorso sull’autostrada Paris-Marseille, trascorrendovi un tempo cadenzato da una permanenza stanziale nelle aree di sosta.
Le regole del gioco: percorrere il tragitto Paris-Marseille senza uscire dall’autostrada, fermandosi in due aree di sosta al giorno, una dove pranzare, l’altra dove cenare, pernottare e fare colazione. Vietato barare. La sosta è prevista anche in parcheggi sgradevoli, che offrono ben poche comodità. Sono previsti due incontri con amici, per rifornirsi di viveri freschi ed affetto.
L’avventura, all’apparenza banale, durerà 33 giorni, dei quali gli autonauti terranno un minuzioso, “scientifico” diario scritto a quattro mani.
In questo viaggio fuori dal tempo, all’interno di un mondo che non offre nulla di straordinario, lo sguardo visionario degli artisti saprà scoprire un intrigante microcosmo ricco di storie e trame affascinanti, che produrranno in loro un effetto di potente estraniazione dalla realtà. La dimensione quasi onirica e sospesa in cui vivranno per oltre un mese lascerà la leggera nostalgia che, al termine dell’impresa, farà dire a Carol “quant’è durato poco il viaggio…”.

Nel loro diario la poesia e l’immaginazione rompono ogni schema noto, frantumano la realtà e la trasformano in uno scenario di avventura e sogno, popolato di anonime persone incontrate nelle piazzole di sosta e tramutate nei personaggi di una storia fantastica, mentre i protagonisti dei romanzi di Julio ossessionano l’autore, acquistando consistenza e carattere e invadendo l’intimità del viaggio.
Il pulmino Volkswagen di nome Fafner (come il drago wagneriano) può finalmente esprimere la sua anima fatata nella dimensione surreale che i due spiriti fantasiosi di Julio e Carol gli hanno costruito intorno.
La loro azione nasce dal profondo bisogno dell’anima di esprimere il Senso Antico del ritrovarsi e del ritrovare il proprio spazio vitale all’interno di nicchie e pieghe del reale, nascoste alla maggioranza; un’azione in parte figlia di quelle piazze in cui, qualche anno prima, si gridava “l’imagination au pouvoir”.
Il potente effetto scardinante della fantasia è la vera rivoluzione, quella che permette a ciascuno di noi di esistere pienamente al di là delle forme convenzionali e imposte, andando alla ricerca del proprio personale universo.
Questo diario è godimento puro, un concentrato di arguzia e stile, soffuso di luce poetica e di una vena inesauribile di emozione che, al termine della lettura, ci fa dire insieme a Carol “quanto è durato poco questo viaggio…”.

Julio Cortàzar, Carol Dunlop, Gli Autonauti della Cosmostrada, ovvero un viaggio atemporale Parigi-Marsiglia,
Einaudi, Frontiere, 2012, pp. 376, € 21,00
ISBN 9788806149475

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Emozioni29 maggio 2012

A Rosa tornata dall’inferno

io ti amo

da sempre e per sempre

il nostro legame è nato nel luogo del senso antico
e lì rimane

intoccato
e potente

____________________________fotografia di Christine De Loe ©

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Emozioni25 aprile 2012

Irma. La marcia delle rose.

Minuta, agile.
Occhi zingari.
Mani in movimento.
Ti guarda negli occhi mentre si fa le domande.
Intorno a lei vortici di energia ti attirano nell’orbita.

La sua casa atelier domina un vicoletto, che dalla piazzetta di Asolo sale verso la collina: celata nelle pieghe della diversa dimensione in cui Irma vive, si svela poco a poco, lasciando il vago sentore che ci sia altro da scoprire.

Quando verrà il momento.

Lungo i ripidi scalini di pietra il riflesso della scultura trasparente che oscilla lieve alla finestra, illumina a tratti i passi di chi sale.

Irma_nera_by_Enzo_Masella

Oltrepassata la soglia si è circondati da Irma e dalle sue opere.

L’esperienza penetra nella pelle con il respiro, mentre Irma da i nomi alle cose e agli oggetti, facendoli nascere in un incessante atto creativo.
Non spiega le opere: le chiama.

Pelli sfrangiate, che pendono dal soffitto con noncuranza, parlano di mute faticose.
La guepière, le rose colorate, le borsette glitter e i cuori piercing strizzano l’occhio con ironia.
L’eterea altalena, intrecciata di fiori e farfalle, ondeggia quieta al leggero soffio d’aria che scompiglia i boa di piume che la sovrastano.

Laboratorio e casa sono un territorio senza confine, ove Irma cucina erbe primaverili e fragole, danzando lieve tra le sculture, i quadri, le installazioni e i bijoux disseminati ovunque.

E poi c’è il giardino.

Ma quello è un’altra storia.

_________________foto per gentile concessione di Enzo Masella
_________________www.enzomasella.com ©

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Emozioni23 aprile 2012

Parti di me

Una e molte.

Le nostre parti di noi ci servono tutte.

La parte che ci fa paura ci serve per avere il coraggio.
La parte che ci fa schifo ci serve per imparare ad amarci.
La parte che ci fa vergognare ci serve a sentire tenerezza per noi stesse.
La parte che ci fa sentire in colpa ci serve per diventare libere.
La parte che ci adula e ci fa i complimenti ci serve per imparare l’umiltà.
La parte che ci fa sentire invincibili ci serve per chiedere aiuto.

Non possiamo fare a meno di nessuna di esse.
E possiamo portarcele a spasso allegramente.
facendole esplodere in Fuochi d’artificio multicolori.

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Scrittura6 aprile 2012

“Orso non più… perché?”

Gianrico Carofiglio a Ca’ Foscari, Venezia.

Il 2 aprile in un’aula di Ca’ Foscari (non gremita come mi sarei aspettata) Gianrico Carofiglio apre la serie di conversazioni sulla scrittura: “Le parole sono pistole cariche”.

Sin dai primi minuti vengo presa dal fascino di parole soppesate con cura e usate con delicatezza.
Riflessioni leggere su temi importanti: la metafora e il rischio di abusarne; la responsabilità dello scrittore; l’azione creativa del lettore; la fallacia celata nelle affermazioni categoriche.

Carofiglio Ca' Foscari 2 aprileLa parola di Carofiglio scorre lieve e cattura l’attenzione.
Parla di cose note, di argomenti studiati e trattati negli anni: al liceo e all’università.
Lo fa con grazia e garbo, con misura e precisione.
Ottiene l’effetto sirena.
Lo ascolto concentrata, temendo di perdere o scordare piccoli frammenti che mi procurano il piacere del senso condiviso.

Il piacere non si descrive.
Si assapora.
Trascorrono due ore intense.

Al termine resta il gusto piccante delle provocazioni e delle sfide.
Per dire in maniera penetrante il concetto che si deve esprimere non serve consegnarlo agli avverbi, si possono usare le parole. Quelle necessarie. Non una di più, non una di meno.

Resta il gusto dolce e appetitoso degli anagrammi, pregni di significato e delle infinite combinazioni, in equilibrio sul senso, che le parole ci consentono. Carofiglio ci invita a giocare con la locuzione “la verità”. Anagrammata, cela in sé tre concetti di grande forza, producendo tre parole: “rivelata”, “relativa”, “evitarla”, che racchiudono fede religiosa, sistemi di pensiero, concezioni filosofiche.

Resta il gusto amarognolo delle regole da rispettare.
Evitare parole inutili, benché la durezza della regola della necessità cozzi contro il narcisismo dello scrittore. Chiunque di noi si cimenti nel pericoloso atto di scrivere sa quanto sia facile innamorarsi delle proprie idee, delle arguzie, degli aneddoti. L’innamoramento può togliere lucidità e impedire l’armonioso fluire di pensieri logici.
Carofiglio ricorre alla “cartella del maiale”, in cui archivia ciò che risulta ridondante, ma che costa eliminare. E da quella cartella “di cui non si butta via niente” (come del maiale di proverbiale memoria) potranno riemergere spunti e contenuti che troveranno più degna collocazione in altri contesti.

Resta il gusto acre del pericolo, sintetizzato dalla citazione di Margaret Atwood: “scrivere storie è come muoversi a tentoni in una stanza buia, cercando di arrivare dall’altra parte (…) negoziando con le ombre.”
Senza senso di pericolo non esiste scrittura che valga la pena di essere esplorata.
Scrivere ha una dimensione sociale e comporta responsabilità. Lo scrittore ha il dovere di esplicitare le premesse non espresse per non tradire il patto con il lettore.

Carofiglio racconta l’episodio di un bimbo di 2 anni che, guardando un cartone animato alla tv, vede un personaggio entrare in scena, andare al frigorifero, aprirlo, prendere del cibo, richiudere la porta, per poi scomparire dalla storia senza lasciare traccia e senza che la sua apparizione contenga un senso “necessario” allo svolgimento della narrazione.

Con grande efficacia comunicativa, il bimbo esprime così il suo disorientamento: “Orso non più … perché?”

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