WEB25 settembre 2018

Prima l’uovo o la gallina?

“Il mondo è uno specchio che a ciascuno restituisce la sua immagine.”
[William Makepeace Thackeray, La Fiera delle Vanità]

Personal Branding, Corporate Identity e le insidie dell’internazionalizzazione

Quando un’azienda comunica con il mercato spesso si preoccupa di Vision, Mission, Valori, Filosofia, ma a volte trascura un dettaglio sostanziale: prima della Corporate Identity viene il Personal Branding (dell’imprenditore del Sales Manager, del HR, etc.). La riflessione sul PB presuppone che si sappia cosa si vuole e cosa non si vuole, cosa piace e cosa no, quali sono i propri talenti e le proprie passioni.

E’ sull’unicità (delle aziende e delle funzioni aziendali) che si deve puntare, ma per comunicarla bisogna conoscerla. Quando si scrive un testo, si sceglie una foto, si prepara lo storyboard di un video, bisogna scrivere le domande. Lo so, sono sempre le solite.
E allora perché non ce le poniamo più spesso? Almeno una volta al giorno?

  • -       a chi sto parlando?
  • -       chi è il pubblico che cerco?
  • -       quali aziende cerco?
  • -       con quali ruoli e funzioni aziendali è conveniente che io parli per raggiungere il mio obiettivo?
  • -       cosa voglio che facciano le persone quando leggono le mie brochure, vengono al mio stand in fiera, visitano i miei profili e le mie pagine social o vedono i miei video? La CTA efficace deriva dalle risposte a queste domande.
  • -       che cosa offro loro?
  • -       quali sono le soluzioni che porto per i loro problemi più comuni?
  • -       cosa piace al mio pubblico?
  • -       cosa non gli piace?
  • -       quali sono gli obiettivi personali, professionali e aziendali?

Le insidie della Corporate Identity che viaggia all’estero.
Quando la comunicazione coordinata di un’azienda si mette a viaggiare, rimette in gioco tutta la comunicazione.
Se fin dall’inizio l’azienda aveva una strategia, è possibile che ne esca vincente. In caso contrario, se non si fa attenzione anche ai dettagli, se ne esce con le ossa rotte.
Se il payoff aziendale è in dialetto veneto (che fa tanta simpatia al pubblico del profondo nord est), è possibile che i cinesi non colgano la sottile ironia.
Se nel logo vi sono immagini troppo dettagliate, ma mancano simboli essenziali e archetipici, che parlano all’immaginario collettivo, difficilmente, sul mercato internazionale, otterremo l’immediata comprensione di ciò che andiamo a proporre.
Le insidie sono in agguato nel nome a dominio impronunciabile, nel testo tradotto alla bell’e meglio con translator, nelle foto pubblicate sul sito che, anziché rappresentare l’azienda, si sbizzarriscono in ardite metafore sulla squadra e il team building, cosicché la gente pensa che un’azienda metalmeccanica, anziché produrre motori o macchine, noleggi barche a vela o produca abbigliamento sportivo.

Il delirio sui social
Sui social è spesso il delirio più assoluto: LinkedIn – la piattaforma ideale per il B2B e l’internazionalizzazione – viene usata come se fosse Facebook: foto di copertina con paesaggi montani (peccato che la persona in questione sia il Direttore Vendite di un’azienda che produce macchinari per il tessile), pagine aziendali create come se fossero profili, con tanto di collegamenti; competenze inserite a caso, tra cui campeggiano al posto d’onore la specializzazione in Word, Excel e Power Point.

Quando poi ci si addentra nella cultura del nuovo mercato di riferimento sembra che ci si scordi all’improvviso la verità fondamentale del marketing: “io, che sono esperto in un determinato settore, NON SONO TARGET”.

Le Parole Chiave non sono quelle che pensi tu, ma quelle che dice Google
A volte, quando provi a chiedere quali sono le parole chiave individuate dal SEO Specialist vieni guardato con sorpresa mista a un po’ di stizza e ti senti rispondere con parole chiave settoriali, di solito in inglese.
A questo punto l’indagine è d’obbligo: il pubblico parla inglese? Si tratta di un pubblico colto, preparato, specializzato? Che lessico usa? A chi stiamo parlando? A volte l’inglese funziona, a volte no.
Il registro informale e colloquiale, tanto caro al pubblico WASP, risulterà indisponente negli Emirati Arabi. Fare i simpaticoni con cinesi e russi non sempre paga.

Il luogo comune non è utile alla mediazione culturale
Noi italiani, che ci vantiamo di essere aperti, tolleranti e accoglienti, rispolveriamo tutti i più triti pregiudizi quando ci troviamo a comunicare con i mercati internazionali.

Le equazioni Arabi uguale lusso, Russi uguale moda appariscente, Cinesi uguale concorrenza sleale sono dure da sradicare.
Ogni paese rappresenta un’immensa ricchezza culturale e mille sfumature di diversità: fare di tutta l’erba un fascio non ci aiuterà a individuare le famose e decantate nicchie di mercato. La nicchia è, per definizione, un’entità che sfugge alla massificazione e al luogo comune.

Se provate a parlare con i mediatori culturali o con gli esperti di internazionalizzazione, come il mio collega Vasyly Torchynovych farete scoperte interessanti su cosa realmente piaccia o non piaccia al pubblico straniero.
Il fai da te basato sul pregiudizio può essere pericoloso e minare alla base il successo di un progetto di espansione internazionale.

Lo faccio bene e tanto basta.
Le PMI alla Fiera delle Vanità.
Già nel secolo scorso Marshall Mac Luhan ci ammoniva sull’importanza della presenza mediatica ai fini della diffusione di prodotti e servizi. In questo secolo e nell’era di WEB 4.0 è inutile illudersi: lavorare bene ed essere virtuosi non è sufficiente.
Se vuoi esistere per il mercato, DEVI saper comunicare in modo adeguato al tuo pubblico e ai tuoi obiettivi.Come in una novella Fiera delle Vanità ciò che trasmetti e quello che il pubblico recepisce di te e della tua azienda farà la differenza.

ESERCIZI PER L’IDENTITA’
Di seguito ti segnalo qualche semplice esercizio (da fare per iscritto) per allenarti a costruire l’IDENTITA’ da comunicare.

  • -          Descrivi in 30 parole al massimo ciò che fai.
  • -          Perché fai questo lavoro? Sei felice di farlo? Per chi lo fai?
  • -          Il payoff della tua azienda ti soddisfa? Se non ce l’hai, scrivilo, pensando al pubblico al quale ti rivolgi.
  • -          Sei in grado di spiegare il significato del tuo logo in 30 parole?
  • -          Individua 5 parole chiave per il tuo prodotto/servizio o per la tua mansione. Scrivile.
  • -          Scrivi un breve racconto che contenga queste 5 parole. Max 500 parole. Dai un titolo.

Gli Altri (purtroppo) esistono.
Collaboratori, clienti, fornitori, competitors possono essere il tuo peggior “nemico” o preziosi alleati e maestri.
Anche in questo caso facciamoci qualche domanda (e rispondiamo – sempre – per iscritto). Potremmo sorprenderci.

  • -          Cosa vedi di BUONO negli altri? Competenze lavorative, doti umane, etc.
  • -          In cosa li vedi/senti DIVERSI da te.
  • -          In cosa li vedi/senti UGUALI o SIMILI a te.
  • -          Perché vuoi collaborare con loro: vantaggi per te e vantaggi che offri a loro.
  • -          Cosa vuoi fare tu.
  • -          Cosa ti piacerebbe che facessero gli altri?
  • -          Sei in grado di spiegare esattamente a un tuo cliente che cosa fanno i tuoi collaboratori? Scrivilo in 30 parole.
  • -          Sei in grado di spiegare esattamente a un tuo collaboratore che cosa fa un vostro cliente/ fornitore? Scrivilo in 30 parole.
  • -          Perché vuoi competere con loro
  • -          In che cosa sai che loro sono migliori di te?
  • -          In che cosa sai di essere MIGLIORE?
  • -          Scrivilo in 30 parole, per spiegarlo ai tuoi potenziali clienti.

Buon lavoro!

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