Scrittura7 agosto 2011

Istanti

La palma svetta.
Verde, pelosina e carica di Pigne e Ciliegie.
Ciliegie rosse.
Rosse.
Rosse come una pietra di fuoco nel sacchettino di un clown.
Con il naso rosso come un pomodoro e i capelli rossi come il rame.
Sta nelle neve, di fronte ad una statua di CaneDiGhiaccio, mentre un VeroCaneDiPelliccia scende, con le orecchie che svolazzano al vento, da uno scivolo di legno rosso.
E’ nero, morbido, cagnoloso.
E ci annusa tutti quanti con ingordigia canina.
Fiuta i pizzoccheri e scodinzola felice.
Felice come solo i cani e i bambini sanno essere.

Cani in corsa

@ Courtesy of Nome Artista

Bambine con il costumino azzurro, gli orecchini di ciliegie e il grembiulino nero ci regalano UccelliniDiPatata e fior di loto bianchi.
E ridono.
Forse anche le bambine nelle foto in bianco e nero potranno ridere – adesso.
In bianco e nero si sorride.
A colori si ride.
Si ride e si viaggia.
Si vola sopra i laghetti effimeri e ci si sprofonda nelle grotte del Laos; si naviga sul Bosforo, mitragliando donne sconosciute senza farle morire.
Rendendole eterne, fissate in un attimo di “qui” ed “ora”.
E’ per fissare Istanti Di Intensità che scrivo.

[Zambana Vecchia, 19 settembre 2010]

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Scrittura6 agosto 2011

Canzone d’amore per la mia sorella Lupa

Sui sassi taglienti ho corso per inseguirti
Perché ho sentito il tuo cuore
Prima che tu lo scoprissi
L’insopportabile perdita
L’inaccettabile lacerazione

Fiumi e pietraie attraversate insieme
Presenti una all’altra anche da lontano
Unite in luoghi inesplorati
Dove altri non arriveranno mai

Senso scoperto in una realtà insensata
Tirato fuori con artigli e zanne
Da viscere incandescenti

Sangue e melma per placare dolori profondi
Ghiaccio e plastica per bloccare l’insopportabile
Tempo e pause per galleggiare in un nulla amichevole

Ma l’anima ribolle
E non muore mai.

[10 luglio 2011]

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Viaggi28 aprile 2011

Mama Africa: Ouagadougou

Jejé Vigné Lo-ho
Jejé Vigné Lo-ho
Togo – Lò !

Canto, salto e ballo sui gradini dell’aeroporto di Ouaga mentre Mama Africa mi accoglie. Dietro di me un carretto traboccante di bagagli incalza.
“Attention, attention madame, attention ! …”
Sento gridare, mani mi afferrano il braccio per mettermi in salvo dal carrello stracolmo che corre giù dalla rampa, animato di vita propria e inseguito da un porteur affannato.
All’interno della sala arrivi cataste di colli ostacolano viaggiatori sudati e puzzolenti, che traspirano sotto giacconi imbottiti e sciarpe di lana.
I miei piedi bollenti incespicano in grovigli di tubi che spuntano a tradimento dai buchi che costellano il pavimento di cemento.
Il nastro trasportatore dei bagagli non funziona: le valigie cadono rumorosamente a terra, lanciate da facchini vocianti. I passeggeri del volo da Parigi (cinque ore di ritardo causa brina sulle ali) scavalcano sacchi e persone per raggiungere il proprio bagaglio. Alcuni siedono su mucchi di valigie appena recuperate.
Qua e là qualche collo sventrato lascia intravedere il contenuto, illuminato dalla luce scialba dei tubi fluorescenti. I ventilatori, malgrado rari momenti di accelerazione turbo, comunque inefficaci e subito seguiti dallo spegnimento delle luci dell’aeroporto, non producono alcuna variazione sensibile alla temperatura.
Fatica, caldo, puzza e rumore.
Benvenuti a Ouaga.
Per la verità la sala arrivi dell’aeroporto è ancora un Non Mondo, ove si levita tra il Prima e l’Adesso. Il Prima apparentemente organizzato dei nostri aeroporti, la cui efficiente gestione ha comunque dovuto soccombere alle recenti nevicate. E … Il bello dell’Africa è che in Africa non c’è un Dopo, ma solo un Intensissimo ORA.
Mama Africa: uno dei luoghi più spirituali del mondo. Tutto sempre, assolutamente, totalmente concentrato sul vitale momento presente. Il presente necessario per poter dire: “ci sono”.
Eccomi: sulla porta d’ingresso dell’aeroporto di Ouaga.
Ci sono !
Il mio amico Mesme risponde al mio canto.
Jejé Vigné Lo-ho
Jejé Vigné Lo-ho
Togo – Lò !

Gli occhi sorridono di giora prima ancora che la bocca riapra.
I dreadlock volano.
Benvenuta a casa !

[20 dicembre 2010]

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Teatro28 aprile 2011

Il Delirio secondo Regina

Marta …
PALLA !

A ritmo i nostri occhi si incrociano.
Il corpo vibra, accompagnato dal suono dei tamburi.
Ogni tanto un FLOP: la palla si perde.
Si ricomincia.

TUM TUM TUM TUM

Marta …
PALLA !

Gli occhi si guardano. A volte ancora sfuggenti.
Le mani mimano il lancio. A volte deciso, a volte accennato.
Sguardi.
Mani.
Mani.
Sguardi.
FLOP !
Si sbaglia. Si riparte.

Marta …
PALLA !

TUM TUM TUM TUM

Le ginocchia dondolano a tempo.
Così è più facile.
Occhi attenti, concentrati.
Gesti più chiari.
Comunque – ogni tanto – FLOP !
Siamo solo esseri umani !

Marta …
PALLA !

TUM TUM TUM TUM

____________________________________   [disegni originali di Margherita Tramutoli]

Cerchio.
Si sta.
Ginocchia leggermente piegate, braccia lungo i fianchi, morbide. Spalle rilassate.
Si respira, si respira.
La pancia si alza e si abbassa.
Ci si guarda.
“Ma chi sono questi ?”
“Ma chi me l’ha fatto fare ?”
“Età media 20 anni”
“Che ci faccio qui ?”

Mi sforzo di guardare.
Anche se ho paura.
E respiro.
Anche se ho paura.
Gli occhi non hanno età.
Sono occhi.
Sfuggenti, dolci, profondi, obliqui, vitrei, luminosi.
Occhi : due spicchi di cervello scoperto.
A volte è difficile guardarli e continuare a respirare.
Si cammina e ci si incrocia.
Guardarsi i piedi sarebbe più facile.

Ma Lello dice che siamo qui per andare oltre il limite.
Sennò che delirio è ?

Guardo gli occhi.
E respiro.
Non respirare sarebbe più facile.
Ma Emanuele dice di respirare.
E io sono qui per fare cose più difficili.
Cose che non ho mai fatto.
Cose che non mi sono mai permessa.
Sennò che delirio è ?

Giorgio mi dice : “E sorridi !”
Il primo istinto è di mandarlo a fare in culo, come sempre faccio quando qualcuno mi dice qualche verità che non voglio sentire.
Non ho voglia di sorridere.
Ultimamente viro più sull’incazzato rabbioso che sul gioioso new age.
Ma sono qui per cambiare qualcosa – anche se non sono convinta che sorridere sia sempre più opportuno che ringhiare.
Un ringhio ben mascherato può sembrare un sorriso, ma – in fondo – cosa costa provarci ?

Io sono qui per provare qualcosa che abitualmente non faccio.
Sennò che delirio è ?

Respirando, camminando, correndo, respirando …
sorridere è più facile.
ABBRACCIO !

Come possono essere diversi gli abbracci !

Chi gira la testa dall’altra parte, chi ti accoglie, chi ti si getta tra le braccia, chi stringe e chi sta leggero: un abbraccio sulle punte, lieve come una piuma.
Qualcuno mi piace, qualcuno no.
Se l’abbraccio è caldo e accogliente mi salgono le lacrime.
Se è duro e respingente non vedo l’ora che finisca.
Tutto serve per conoscermi.
Come potrei altrimenti conoscere gli altri ?

Se lascio partire la mente mi domando che senso abbia abbracciare e farmi abbracciare da persone che non conosco.
Ma la mente va zittita.
Sennò che delirio è ?
Quando lei tace resta la realtà del calore.
Mi sento avvolta, protetta, sicura.
Anche se mi viene terribilmente da piangere mi sento bene.

Che sia Amore ?
Il delirio potrebbe essere questo?

Lo chiederò a Lello.
Chissà se lui lo sa …

[14 febbraio 2011]

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Musica28 aprile 2011

Mama Africa suona, Mama Africa canta

Djembé

I djembe sono il battito del cuore del mondo.
Ogni volta che risuonano sento il richiamo antico.
La stanchezza sparisce, l’energia sale, ribollente e impetuosa. Impossibile non rispondere.
Emozioni fortissime.
La pelle si solleva. La chiamano pelle d’oca, ma in realtà è l’Anima Selvaggia che si risveglia.
Difficile parlare di musica. La musica si vive.
Raccontarla è un’impresa senza storia.
Allora ascoltate.

Ascoltate Dobet

http://www.youtube.com/watch?v=_IdzL0top7s&feature=related

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