Arte9 marzo 2013

Endless a Venezia, Irma Paulon

Ci sono persone che si impongono agli altri con la loro presenza.
Ci sono artisti eccezionali che riempiono lo spazio di forma e colore.
Ci sono opere che ci colpiscono e si fanno notare con forza.

E poi c’è Irma Paulon, che arriva in punta di piedi, accompagnata da una brezza leggera, che fa oscillare al vento le sue trasparenze.

Ariarosa_Irma_Paulon_ENDLESS_Venezia

A Venezia, al Caffè “Ai Artisti”, in Campo San Barnaba Irma ha portato la delicatezza di installazioni che riflettono la luce in una danza ammiccante.

Rose diafane e minuscole gabbiette multicolori si celano nei chiaroscuri del locale, rivelandosi un po’ per volta.

Una sola rosa – rossa – dalla vetrina ci ricorda che anche la leggerezza può colorarsi di passione.

Ariarosa_ENDLESS_Ai_Artisti_Venezia

ENDLESS IN VENICE
Irma Paulon
dal 27 febbraio 2013
Caffè “Ai Artisti”, Campo San Barnaba, Venezia
www.irmapaulon.com

Contrassegnato , , , , , | Lascia un commento
Scrittura20 febbraio 2013

Sull’aria non so cosa dire

Sull’aria non so cosa dire, perché mi manca.

Quando qualcosa manca se ne parla, se ne parla senza dire nulla. Nulla di importante, nulla di sostanziale. Nulla che sia letteratura. Dove non c’è conflitto non c’è letteratura.
Quest’aria che manca, però, potrebbe essere letter-aria.
Le lettere stanno sospese, fluttuano: le vedo danzare e comporsi in messaggi.

Ariarosa_Soffione_foto_di_Andrea_Gallo
© foto per gentile concessione di Andrea Gallo, Milano __________

L’aria non si vede. Quando manca si sente.

“Mi manca l’aria, mi togli l’aria”.
Qual è il confine oltrepassato il quale chi mi si avvicina si impossessa della mia aria?
L’aria che occupa il mio spazio vitale, nella quale mi muovo, quella che si sposta con me.

Spostamento d’aria.
Mi muovo e sposto l’aria, sposto piccole porzioni di spazio invisibile, ma non vuoto.

Vuoto d’aria.
Il fiato che si mozza quando, per attimi che scandiscono un tempo sospeso, l’impalpabile elemento in cui galleggiamo abbandona lo spazio e smette di sostenerci.
I fisici lo sanno spiegare con formule e logaritmi.
Il corpo lo avverte con il rivolgimento delle viscere, che si ribellano al sovvertimento dello stato abituale. L’allarme rosso della paura pulsa intermittente nel cuore, nell’attesa angosciata che la caduta si arresti.

Stare senz’aria è come essere senza fiato.
Quando il respiro che ci fa vibrare di vita si ferma, siamo morti. E l’aria cessa di attraversarci. Forse ci lambisce, ma solo esternamente.

L’ora d’aria: nelle prigioni si chiama così la porzione di libertà concessa a chi sta rinchiuso perché dentro le mura l’aria odora di limite.

Ariarosa: ho deciso di colorare questo frammento di aria potabile. Il colore serve a rendersi conto che quest’aria esiste e la posso respirare, ogni volta che lo desidero.
Respiro quando scrivo, mentre la scrittura esce da me.
O forse mi attraversa.

Contrassegnato , | 1 commento
Arte, Viaggi18 febbraio 2013

Blogger a scuola dal sinologo, Casa dei Carraresi, Treviso

Ieri sera, a Treviso, presso la Casa dei Carraresi, Marcatrevigiana.it ha offerto a trenta bloggers l’opportunità unica di condividere l’esperienza di Adriano Màdaro, giornalista appassionato, sinologo e curatore di mostre internazionali dedicate alla Cina e al Tibet.

© foto per gentile concessione di Marcatrevigiana.it

Dopo la visita alla mostra Tibet, tesori dal tetto del mondo, (aperta al pubblico dal 20 ottobre ’12 al 2 giugno ’13) in cui le suggestive immagini scattate da Màdaro nel corso dei suoi 175 viaggi in Oriente, guidavano il visitatore alla scoperta della cultura e della filosofia del buddhismo tantrico tibetano, il giornalista Sergio Zanellato lo ha presentato a una platea attenta e curiosa, intervenuta al Seminario Farsi un’opinione.

Màdaro ha parlato con generosità della sua esperienza, raccontando le scelte che hanno orientato l’allestimento della mostra: ogni pezzo un’emozione e un frammento di vita da narrare.
Nelle sale in cui le imponenti fotografie delle vette più alte del mondo e delle lamaserie inerpicate sulle pendici delle montagne facevano da sfondo a preziose statuine in oro massiccio, costumi e copricapi cangianti, gioielli elaborati, strumenti musicali e oggetti sacri, Màdaro ha messo in scena con perizia secoli di storia e cultura, chiudendo il percorso con un interrogativo stimolante per il visitatore: ciò che sappiamo sulle relazioni tra Cina e Tibet corrisponde a verità?
L’ultima sala riporta l’interessante carteggio tra l’allora presidente della repubblica popolare Cinese, Mao ZeDong e l’attuale Dalai Lama, Tientsin Gyatso. La qualità del rapporto testimoniata dalle lettere sembra improntata al dialogo amichevole.

Cosa accadde dunque nel 1959, data dell’insurrezione di Lhasa e della partenza del Dalai Lama dal paese?

Partendo da questa domanda Zanellato e Màdaro hanno costruito il dibattito e la riflessione su cosa significhi fare giornalismo, costruirsi la propria opinione basata sull’incontrovertibilità dei fatti, darne testimonianza attendibile.

Adriano Màdaro – © foto per gentile concessione di Marcatrevigiana.it

Come si arriva a scrivere?
Come si può ottenere credibilità e autorevolezza?

La ricetta di Zanellato è – a prima vista – semplice: “un pieno di esperienza e un euro di umiltà”. Tutto si può ottenere lavorando sodo e credendo in ciò che si fa.
Le abilità necessarie da coltivare sono la capacità di acquisire conoscenze e di diventare competenti nelle materie prescelte, ma la dote più preziosa è soprattutto quella di saper trasmettere agli altri ciò che si è appreso, arricchendoli della propria esperienza condivisa.
Come fa Màdaro quando racconta il suo amore per la Cina con gli occhi che brillano e la voce vibrante.
“In Cina non si va, ci si ritorna” dice, annunciando il suo 176esimo viaggio. L’ennesimo ritorno in una vita trascorsa a coltivare la passione nata a cinque anni, quando la mamma, maestra, gli portò a casa un riassunto della storia di Marco Polo. Quel libriccino conteneva delle pagine essenziali: alcuni fogli bianchi, su cui si invitava il lettore a completare il percorso dell’esploratore grazie all’utilizzo dell’atlante geografico. Fu così che il piccolo Adriano scoprì l’esistenza del Kazakistan prima ancora di saper leggere e scrivere, cercando di tracciare su quella mappa sconfinata la via più breve tra Venezia ed il Celeste Impero.

Se la passione brucia non si può che andare e nel corso degli anni Màdaro è andato nei più remoti angoli dell’Estremo Oriente, laureandosi con una tesi sulla Rivoluzione Cinese e superando le mille difficoltà create dalla mancanza di relazioni diplomatiche tra Italia e Cina.
Il suo primo viaggio risale al 1976, epoca in cui l’occidente riteneva che il regime di Mao avesse creato l’inferno. “In parte era proprio così” ammette Màdaro, “ma io volevo vedere la realtà con i miei occhi. Quando vado in Cina cerco di inserirmi e di vedere il resto del mondo dalla loro ottica: divento cinese.”

Ecco la ricetta per la tolleranza e la convivenza: comprendere il punto di vista dell’altro. Non significa condividerlo e accettarlo pedissequamente, ma avere l’umiltà e l’apertura mentale di considerare che non esiste solo il punto di vista della cultura occidentale.

L’invito di Màdaro ai giovani blogger è di essere curiosi, cercare, verificare le fonti, non accontentarsi delle verità preconfezionate dalle propagande, esercitare il libero pensiero e usare la ragione.

Il dovere di un giornalista?
Andare a verificare di persona e documentarsi fino a distillare la verità ad ogni costo.

Cosa possono ancora insegnarci la Cina e la sua millenaria cultura?
Un diverso approccio alla produzione e al business e una visione non individualista della vita e della società.
Questo sconfinato paese ci stupisce con l’intraprendenza e la laboriosità del suo popolo e i suoi numeri sorprendenti: 9.460.000 kilometri quadrati di territorio, di cui solo un decimo è coltivabile; un miliardo e mezzo di abitanti che aumenteranno presto in maniera esponenziale perché il controllo delle nascite è stato tolto; città popolose quanto una nazione: Pechino conta 12 milioni di abitanti (wikipedia dice 18 milioni), Shangai 14 milioni. I cinesi hanno acquistato il debito pubblico americano, stanno progettando un aeroporto a Caltanissetta e un porto vicino ad Agrigento, che diventerà una base per i traffici nel Mediterraneo; hanno riempito il vuoto lasciato dalle potenze coloniali in Africa, creando infrastrutture in cambio di materie prime. Sono lungimiranti e attivi.
60.000 studenti cinesi ogni anno vanno a studiare in Germania con borse di studio dello stato tedesco; 75.000 vanno in Inghilterra, 40.000 in Francia, 30.000 in Spagna. In Italia solo 600.
La Cina è una delle grandi opportunità che la globalizzazione offre all’asfittica economia occidentale per rianimarsi, ma se non sapremo coglierla ne verremo sopraffatti e perderemo una grande occasione.

Suggerimento per i giovani: perfezionare competenze specifiche, aprirsi alle nuove opportunità del mercato ed essere disponibili a viaggiare e conoscere nuovi mondi e nuove culture.

____________________

Info su Mostra Tibet: tesori dal tetto del mondo
http://www.laviadellaseta.info/

Contrassegnato , , , , , , , , | Lascia un commento
Scrittura16 febbraio 2013

Cuor di Leoncino

Fino a ieri ero a letto con la febbre. Ho le gambe malferme, ma mi sforzo di camminare regolare. Se Gianna si accorge che sto male si torna a casa e sono giorni che aspetto di andare al circo.

Ariarosa_Coppia di leoni

Il telone di plastica verde e rosso sbatte al vento. Si sente odore di cacca, come in campagna. Passano acrobati fasciati di lamé, pagliacci truccati di bianco, naso rosso e parrucca verde. Strizzo gli occhi cercando di intravvedere qualche animale attraverso le fessure del tendone. Versi esotici. Elefanti? Le scimmie che versi faranno? Ci saranno anche i coccodrilli? E gli ippopotami? Chissà se nel tendone c’è una piscina…

In coda per i biglietti mi nascondo dietro a mia sorella, dondolando da una gamba all’altra. Sono stanca ma resisto. Guardo preoccupata tutta questa gente davanti a noi: non è che magari non c’è abbastanza posto per farci entrare tutti?

Finalmente tengo in mano il mio biglietto: una tigre a fauci spalancate, un leone, nel mezzo un pagliaccio con due giraffe ai lati, sullo sfondo cavalli impennacchiati cavalcati da amazzoni in paillettes. Il clown all’ingresso strappa un lembo del biglietto, per fortuna il leone è rimasto tutto intero, solo una giraffa ha perso un po’ di collo.

La segatura della pista mi pizzica il naso, ma trattengo lo sternuto. Guai se Gianna mi sente. Ci siamo: i nostri posti sono proprio davanti. Luce, brusìo di gente, rumore e musica. Sulla nostra testa una ragazza magra magra vola da un capo all’altro del tendone, penzolando dal trapezio.
Cavalli e pony fanno inchini scuotendo criniere infiocchettate, cani sapienti abbaiano a tempo, zampe d’elefante pesanti come incudini sfiorano i domatori. Ammutolita, me ne sto seduta buona a guardare gli uomini che montano griglie di metallo, il cui clangore echeggia sotto il tendone. I leoni ruggiscono. I pagliacci fanno il giro della pista schizzando lacrime e picchiandosi con grossi martelli gialli di plastica.

Un pagliaccio si avvicina tenendo in braccio un piccolo leone. “Ciao piccola, come ti chiami?” mi chiede, mentre lo guardo incredula. “Lo vuoi accarezzare?” dice indicando il leoncino.
Non riesco a spiccicare parola, deglutisco piano, mi sento la gola secca e ho paura di tossire. Sbircio di sottecchi Gianna e tendo le braccia. Il pagliaccio mi porge il leoncino. Mi tremano le mani: lo appoggio sulle gambe. Pesa. Sbadiglia con la lingua di fuori, proprio come fanno i gatti e mi si accoccola contro.

Sfioro la pelliccia profumata di calore e segatura. Lo gratto piano piano e trattengo il respiro.

Ariarosa_Circo_Biglietto

Contrassegnato , | Lascia un commento
Scrittura15 febbraio 2013

Baby Rider

La bambina guardò la mamma intenta a frugare in borsa, alla ricerca delle chiavi per aprire la cassetta della posta.
A Laura piaceva la cassetta della posta: un pertugio custodito sotto chiave che celava messaggi preziosi, così importanti da dover essere rinchiusi, al riparo da occhi indiscreti.
Quando la mamma apriva lo sportellino ne estraeva buste e fogli fruscianti. Buttava i fogli, lucidi e colorati; teneva le buste, bianche e gialle. Qualcuna aveva un lato trasparente che lasciava indovinare il contenuto. Laura tendeva la mano, la mamma scuoteva la testa e le porgeva i fogli multicolori, infilando le buste nella borsa. Qualche volta le scorreva, una via l’altra prima di impacchettarle e metterle via.
Quel giorno però la mamma indugiava nella ricerca delle chiavi e Laura ben presto si annoiò di attendere. Cominciò a girellare in tondo nell’androne con il triciclo bianco e rosso e pensò che avrebbe potuto imboccare il vialetto per vedere se le riusciva di pedalare veloce anche sulla ghiaia. Fece forza sui pedali facendo schizzare sassolini, mentre il cigolìo delle ruotine le faceva compagnia. Il sole deciso del primo pomeriggio le batteva sugli occhi e così non si accorse di essere giunta al cancello d’ingresso fino a quando non se lo trovò dinnanzi, alto e grigio. Aperto però.


© foto by http://www.flickr.com/photos/sednonsatiata89/

Laura lo infilò decisa.
A sinistra la strada conosciuta; a destra un invitante viale alberato, che le sembrò promettente. Lo prese senza esitare e un sottile buonumore la faceva sorridere.
In fondo al viale una macchia d’alberi polverosi ombreggiava il parcheggio di periferia.
Laura si avvicinò all’auto parcheggiata nell’angolo più lontano: un imponente pick up grigio ferro, vicino al quale parcheggiò con cura il suo triciclo.
Scese e ne controllò l’assetto: le ruotine erano parallele al pneumatico anteriore del pick up e il piccolo manubrio arrivava appena a metà cerchione. Giudicando che il suo bolide fosse così abbastanza al riparo dal sole, Laura si allontanò di qualche passo alla ricerca di attrattive.
Tra lattine arrugginite, un pallone da calcio sgonfio e lastre catramose di vecchio asfalto sconnesso, spuntavano ciuffi d’erba tenaci e margheritine cocciute.
Laura rifletté: torte di terra o mazzolino di margherite?
Torte di terra.
Stava decorando la sua opera con bei ciottoli lucenti quando la mamma arrivò correndo.
La sollevò da terra come un tornado.
La abbracciò così stretta che – con il fiato mozzo – Laura comprese di aver fatto una torta bellissima.

Contrassegnato , | Lascia un commento